Livornesi (Il clan dei)

E sì, così ho un passato da giovane vizioso da bar sport, beh, anche un presente da meno giovane vizioso da osteria…

Ma, insomma, c’era ‘sto bar proprio di fronte a casa e così…s’andava, io e diversi amici miei, teenager scapestrati, ché c’erano quei giochi, pezzi oramai da museo, videogiochi basati su competizioni sportive oppure astratti (i miei preferiti), che si scavavano buche per farci cadere dentro i fantasmi, piazzavi bombe per uccidere i mostri, così.

E, però, bisognava stare attenti perché, specie di domenica, rischiavi di buttare via i quattrini: in quanto bar sport poteva succedere che, se c’era una competizione in tv, anche se miseranda e insignificante, senza nessun preavviso, uno dei grandi si incaricava di spegnere ogni macchina a corrente ritenuta troppo rumorosa.

Interdizione che durava quanto ‘sta cazzo di competizione ma poteva cominciare da mezz’ora prima fino a mezz’ora dopo se impegnati erano i beniamini azzurri pedatori.

Così dovevi gridare subito: Cazzo, stavo facendo un record!, in quanto bar sport un mancato raggiungimento di traguardo parasportivo era riconosciuto ed esisteva una minima speranza di ottenere indietro una moneta da giocare più tardi.

Sogno proibito di tutti noi giovinastri era, però, ‘sto piano verde con buche e bocce bianche e rosse e ometti anch’essi bianchi e rossi da abbattere.

Non riuscivamo a giocarci che in occasioni rarissime e per brevissimo tempo ché ci cacciavano via, Via, via, manco siete boni…, per forza non ci facevano giocare mai, e quando s’impara?

Si poteva stare a guardare sì, sedie ce n’era a sufficienza, ovviamente in caso mancassero eravamo noi giovinastri i primi ad essere cacciati.

Se però si giocava “di quattrini”, ogni partecipante metteva dieci o venti sacchi in una stessa buca e raramente ci era consentito di rimanere.

Certi fine settimana, poi, poteva succedere che giungesse da nord un tizio considerato grande giocatore, che c’era chi si vantava: Io c’ho vinto co’ ‘sto stronzo… ed, evidentemente, ciò era considerato attestato di grande destrezza.

Mi sa che mica c’aveva un nome, nessuno ne faceva menzione, era chiamato usando un sostantivo generico.

Ciò non faceva che aumentare una sua aura di mistero, noi si immaginava una gang, come in certe storie da cinema dove dicono di cricca dei …esi intendendo spietate cricche di temuti banditi, ed insomma pareva adeguato anche per chi proviene da una città ex penitenziario di Pisa (ma anche porto, che sennò mica si può essere città stato marinara senza).

Così succede che una domenica di primavera, una di queste domeniche così, senza verve, senza storia, di corsa arriva un amico che fa: Oh, giocano a boccette, c’è anche Tizio…

Via di corsa a vedere ‘sta partita da ricordarsi a vita, da raccontare davanti ad un camino e così via.

Vanifichiamo ogni divieto, riusciamo a prendere posto in questo sancta sanctorum con boccette, pronti ad assistere ai prodigi di un Maradona che padroneggia sfere d’avorio su panno verde.

Non considerammo che si può tirare rinterzi con gran mano, bocciate, due tre sponde che comunque dopo un po’ a guardare ci si annoia.

Mica è come vedere Panatta che fa veroniche o Maradona che semina difensori o Sugar Robinson…così, è noioso un po’, insomma poco dopo s’era già a tirare bombe ai fantasmi.